Ho intenzione di cedere quote di srl?
Non so a chi rivolgermi e quale sia la tassazione?
Facciamo chiarezza.
Partecipazioni qualificate e non qualificate – differenze
Sono partecipazioni qualificate quelle che – nel caso gli strumenti finanziari siano quotati su mercati regolamentati – consentono una percentuale di voto superiore al 2% o che siano relative a una partecipazione al capitale (patrimonio) superiore al 5%.
Se lo strumento finanziario non è quotato su mercati regolamentati le percentuali salgono, rispettivamente, al 20% (diritto di voto) e al 25% (patrimonio).
Partecipazioni non qualificate sono invece quelle che hanno uno soglia pari o inferiore alle percentuali previste per quelle qualificate.
La distinzione che trova la sua fonte nell'art. 67 tel Tuir è importante per i riflessi fiscali relativi alla tassazione degli utili ed anche alla tassazione della cessione delle partecipazioni.
Tassazione ordinaria cessione quote di srl
Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, possedute dalle persone fisiche che non svolgono attività d’impresa hanno un preciso regime di tassazione.
A partire dal 1° gennaio 2019 le persone fisiche non imprenditori, gli enti non commerciali e non residenti scontano imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza.
Questo indipendentemente dal fatto che la partecipazione da loro posseduta sia o meno qualificata.
Il regime precedente, invece, prevedeva una diversa tassazione, in base alla classificazione della partecipazione detenuta:
Partecipazioni qualificate. La plusvalenza concorre alla formazione del reddito complessivo del periodo d’imposta. Questo ai sensi dell’articolo 68, comma 3, del DPR n 917/86;
Partecipazioni non qualificate. Le plusvalenze è assoggettata ad imposta sostitutiva. Questo ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del DLgs n 461/1997.
Come si determina la plusvalenza da tassare?
Vediamo adesso come determinare la base imponibile da assoggettare a tassazione.
Secondo l’articolo 68, comma 6, del DPR n 917/86, la modalità di determinazione del capital gain è la seguente.
La plusvalenza da cessione di partecipazioni è pari alla:
“differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi“
Il realizzo di tali componenti positivi di reddito avviene quando si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni e degli strumenti assimilati. Non tanto, invece, nel diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione.
Pertanto, il trasferimento di proprietà della quota sociale è il presupposto per il realizzo della plusvalenza (minusvalenza) da cessione.
Plusvalenza che viene attratta a tassazione nel rispetto del “principio di cassa“. Secondo la regola generale vigente per i redditi diversi.
Se nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui si effettua la cessione, il contribuente ha percepito delle somme a titolo di acconto, esse devono essere computate ai fini della determinazione del corrispettivo. Questo perché gli acconti non sono imponibili nell’anno in cui sono percepiti, ma in quello in cui la cessione si perfeziona.
Il costo della partecipazione
Prescindendo dalla natura della partecipazione ceduta, ai sensi dell’articolo 68, comma 6, del DPR n 917/86:
“il costo od il valore d’acquisto assoggettato a tassazione, è aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi“
Articolo 68, comma 6 DPR n 917/86
Il costo, quindi, può essere incrementato degli oneri sostenuti per l’acquisto. Tuttavia, l’incremento può essere anche per tutti gli oneri che hanno un nesso d’inerenza con la produzione delle plusvalenze. Quali, ad esempio, le spese notarili, gli oneri fiscali e le commissioni di intermediazione nonché l’imposta di successione e donazione.
Ad incremento del costo di acquisto devono essere aggiunti anche:
La rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società;
I versamenti in denaro o in natura;
Nonché i versamenti effettuati a fondo perduto o in conto capitale.
Di seguito, si riepiloga il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione ceduta. Valore variabile a seconda della modalità di acquisizione o dell’oggetto della partecipazione.
Costo della partecipazione in caso di rivalutazione
Nel caso in cui il costo di acquisto della partecipazione sia stato rivalutato, si può utilizzare il costo indicato nell’apposita relazione di stima asseverata.
Attraverso la rivalutazione ed il pagamento dell’imposta sostitutiva il costo fiscale della partecipazione è quello rivalutato.
Affinché sia possibile attuare la rivalutazione deve esserci una finestra temporale aperta per farlo. La Legge n 145/18 ha aperto questa finestra per le partecipazioni possedute al 1° gennaio 2019.
Condizione necessaria per la rivalutazione delle quote societarie è che un professionista abilitato abbia redatto una perizia giurata di stima del patrimonio netto della società.
Successivamente deve essere versata l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari:
Al 10% del valore rideterminato della partecipazione, per le partecipazioni non qualificate;
Al 11% del valore rideterminato della partecipazione, per le partecipazioni qualificate.
Partecipazioni acquisite in più tranches
Quando la partecipazione oggetto di cessione è stata acquisita nel tempo occorre capire il costo fiscale.
In questo caso, per determinare quale quota delle partecipazioni possedute si ritiene ceduta per prima, si applica il criterio LIFO (last in – first out). Questo è quanto prevede l’articolo 67, comma 1-bis) del DPR n 917/86.
In tal modo, bisogna tenere conto che le partecipazione acquisite per ultime si ritengono alienate per prime.
In pratica, il costo fiscale della partecipazione è dato dagli acquisti meno recenti di partecipazioni. Il valore della partecipazione sarà sempre quello meno recente nel tempo.
Cessione di partecipazioni qualificate
A partire dal 1° gennaio 2019 l’articolo 68, comma 3, del DPR n 917/86 prevede la tassazione con imposta sostitutiva del 26% della plusvalenza da partecipazione qualificata.
Per le plusvalenze incassate in annualità precedenti, era in vigore un diverso regime di tassazione. Regime disposto dall’articolo 2, comma 2, del DM 2.4.2008.
Questo regime prevede che le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni qualificate, assunte al netto delle relative minusvalenze concorrano a tassazione IRPEF parzialmente.
In particolare nella seguente misura:
Per il 58,14% se la plusvalenza è percepita fino al 31.12.2018;
Per il 49,72% se la plusvalenza è percepita fino al 31.12.2017;
Oppure per il 40% se il corrispettivo da cessione è realizzato prima del 2009.
Deduzione delle minusvalenze
Per quanto riguarda le minusvalenze da cessione di partecipazioni, queste possono essere dedotte dalle plusvalenze di annualità successive.
Non è prevista una disciplina transitoria per la nuova normativa 2019. Questo significa che le minusvalenze realizzate fino al 31 dicembre del 2018 possono essere compensate con le plusvalenze 2019. Questo per la relativa percentuale di deduzione.
In pratica è possibile compensare le plusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni qualificate con le minusvalenze dovute alle cessioni non qualificate. Minusvalenze di anni precedenti.
Questo anche laddove le minusvalenze siano scaturite da cessioni poste in essere durante il periodo in cui trovava ancora applicazione la “vecchia” disciplina.
Cessione di partecipazioni non qualificate
Le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni non qualificate sono imponibili per il loro intero ammontare. Tale quota è soggetta ad imposta sostitutiva del 26%.
Questo è quanto prevede l’articolo 68, comma 5 del DPR n 917/86.
Tali plusvalenze sono assoggettate ad un’imposta sostitutiva pari al 26% del loro ammontare, come previsto dall’articolo 5, comma 2, del DLgs n 461/97.
L’aliquota del 20% è applicata alle plusvalenze realizzate sino al 30 giugno 2014. Questo poiché, per le plusvalenze perfezionate a decorrere dal primo luglio 2014, è in vigore l’aliquota del 26%. Aliquota introdotta dall’articolo 3, comma 1, del DL n 66/14.
Sussiste, quindi, il principio del realizzo, in base al quale, la plusvalenza da cessione di partecipazioni sarà tassata nel momento in cui la stessa ha avuto luogo.
Compensazione della plusvalenza da cessione di partecipazioni
L’articolo 68 comma 5, del DPR n 917/86 prevede che le plusvalenze derivanti dalle partecipazioni non qualificate siano compensate non solo con le relative minusvalenze, ma anche con:
Le minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso. Oppure dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, di metalli preziosi e di quote di partecipazioni a OICVM. Articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del DPR n 917/86;
Le perdite realizzate mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere o acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci oppure di ricevere o effettuare a termine pagamenti collegati a tassi di interesse o a quotazioni di titoli. Articolo 67, comma 1, lettera c-quater) del DPR n 917/86.
Inoltre, analogamente a quanto previsto per le partecipazioni qualificate, se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze, l’eccedenza è portata in deduzione dalle plusvalenze dei quattro periodi d’imposta successivi. Questo a patto che ne sia data evidenza nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui essa si è verificata.
L’articolo 2, comma 28, del D.L. n. 138/2011 ha stabilito che le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi, di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-bis) – c-quinquies) del DPR n. 917/86, conseguiti sino al 2011 sono deducibili dalle plusvalenze realizzate a partire dal 2012, per un ammontare pari al 62,50% del loro importo.
In tal modo, il Legislatore ha evitato che il contribuente potesse ottenere un risparmio d’imposta, mediante la deduzione delle minusvalenze realizzate con il previgente regime dalle plusvalenze assoggettate alla nuova ritenuta.
Deducibilità minusvalenze anni precedenti
La misura di deducibilità introdotta dall’articolo 2, comma 28, del D.L. n. 138/2011 è valida per le plusvalenze realizzate fino al 30 giugno 2014 poiché, a seguito dell’ulteriore aumento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, dal 20% al 26%, disposta dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 66/2014, sono state previste altre soglie di parziale deducibilità delle minusvalenze. In particolare, l’articolo 3, comma 13, del D.L. n. 66/2014 ha previsto che le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi ex art. 67, comma 1, lettera c-bis) – c-quinquies) del DPR n. 917/86 sono deducibili nella misura:
Del 48,08%, se realizzati entro il 31 dicembre 2011;
Del 76,92%, se conseguiti tra il primo gennaio 2012 e il 30 giugno 2014.
Inoltre, l’articolo 3, comma 13, del DL n 66/2014 afferma che restano fermi i limiti temporali di deduzione previsti per il:
Regime della dichiarazione (articolo 68, comma 5, del DPR n. 917/86) e
Risparmio amministrato (articolo 6, comma 5, del D.Lgs. n. 461/97).
Cessione di partecipazioni: regimi opzionali
Quando il contribuente decide di percepire direttamente, senza l’ausilio di intermediari abilitati, le plusvalenze su partecipazioni si applica il Regime della Dichiarazione.
Questo significa che in caso di cessione di partecipazioni il cedente è tenuto ad indicare i proventi nella sua dichiarazione dei redditi annuale.
Qualora, invece, decida di avvalersi di intermediari abilitati, quest’ultimi devono determinare le eventuali plusvalenze. Nonché sono tenuti a liquidare e versare l’imposta sostitutiva dovuta.
Al termine dell’operazione rilasciano al contribuente un’attestazione dei versamenti effettuati. In quest’ultimo caso, il contribuente potrebbe optare per i due seguenti regimi:
“Risparmio amministrato“, ex articolo 6 del DLgs n 461/97;
“Risparmio gestito“, ai sensi dell’articolo 7 del DLgs n 461/97.
Cessione di partecipazioni in società non residenti
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) e c-bis) del DPR n 917/86, le partecipazioni in società ed enti residenti all’estero sono soggette al regime del capital gain.
Quindi, a seconda dello Stato di residenza della società partecipata, alle plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni si applica un diverso regime impositivo:
– Società residenti in uno degli Stati o territori white list. Di cui all’articolo 168-bis del DPR n 917/86. Tassazione con imposta sostitutiva del 26% della plusvalenza generata. Questo al netto della quota delle relative minusvalenze precedenti;
– Società residenti in uno dei Paesi o territori a fiscalità privilegiata. Le plusvalenze, assunte al netto del 100% delle relative minusvalenze, concorrono per il loro intero ammontare al reddito complessivo del socio residente.
Tassazione sostitutiva 11% Legge di Bilancio 2021
La Legge di Bilancio 2021 (Legge n. 178 del 30 Dicembre 2020) ha riaperto i termini per effettuare la rivalutazione delle partecipazioni non quotate detenute alla data del 1° Gennaio 2021. È una norma che viene prorogata ormai di anno in anno fin dal 2001, anno di introduzione della normativa di riferimento (art. 5 della Legge n. 448 del 28 Dicembre 2001).
Possono aderire alla rivalutazione
- persone fisiche non esercenti attività d'impresa;
- società semplici, società e associazioni ad esse equiparate ai sensi dell'art. 5 TUIR;
- enti non commerciali per quel che attiene alle attività non inerenti all'attività d'impresa;
- soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia,
che possiedano partecipazioni (sia qualificate che non qualificate), non in regime di impresa, alla data del 1° gennaio 2021. Possono essere rivalutate anche partecipazioni cedute prima del 30 giugno 2021 purché successivamente al 1° gennaio 2021.
L'imposta sostitutiva è pari all'11% del valore complessivo della partecipazione oggetto di rivalutazione e il suo versamento potrà essere rateizzato fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2021. L'imposta in caso di alienazione viene invece applicata solo all'eventuale plusvalenza, determinata come differenza tra il corrispettivo percepito ed il valore di carico fiscale.
La redazione e il giuramento della perizia di stima, adempimenti ancora necessari per la rivalutazione, dovranno essere effettuati entro la data del 30 giugno 2021.
L'Agenzia Entrate, nella circolare 47/2011, ha precisato che nel caso in cui il contribuente abbia già beneficiato di precedente analoga agevolazione e intenda avvalersi di un'ulteriore rivalutazione delle partecipazioni possedute:
- non sarà tenuto al versamento delle rate ancora pendenti della precedente rivalutazione;
- potrà scomputare l'imposta sostitutiva già versata dall'imposta dovuta per la nuova rivalutazione. Qualora dalla nuova rideterminazione emergesse un minor valore rispetto alla rivalutazione precedente, non sarà però possibile ottenere il rimborso di quanto eventualmente già versato in eccesso.
La rivalutazione delle quote produce effetti unicamente ai fini della determinazione dei redditi diversi, di cui all'art. 67, comma 1, lettere a), b) c), e c-bis) del TUIR; ossia il valore rivalutato viene assunto in luogo del costo o valore di acquisto, ai fini della determinazione della plusvalenza/capital gain.
Nessuna rilevanza assume la rivalutazione del costo storico delle partecipazioni ai fini della determinazione dei redditi di capitale (art. 47, commi 5 e 7, TUIR). In termini operativi ciò vuol dire che nell'ipotesi di cessione di una partecipazione rivalutata, il valore della stessa affrancato mediante il versamento dell'imposta sostitutiva dell'11% viene considerato come base di calcolo del capital gains.
A tal riguardo si ricorda che – per effetto delle modifiche apportate dalla legge n. 205/2017 alla tassazione i redditi finanziari realizzati da persone fisiche al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa dal 1° gennaio 2019 (modifiche che hanno uniformato il regime di tassazione dei capital gains sia che essi derivino dalla cessione di partecipazioni qualificate che non qualificate), si applica in entrambe le ipotesi l'imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza realizzata.
In diverse circostanze il risparmio fiscale a vantaggio del contribuente potrebbe rilevarsi notevole ma è peraltro vero che, in caso di rideterminazione del valore di acquisto delle partecipazioni, il contribuente potrebbe dover sostenere un flusso finanziario “anticipato” per il versamento dell'imposta sostitutiva rispetto all'incasso derivante dalla successiva vendita della partecipazione.