CREDITO DI IMPOSTA SUD ATTIVITA’ AGRICOLE – interpello n.917-753/2020

Alla domanda posta da un cliente circa la possibilità di accedere all’agevolazione denominata credito di imposta SUD per un’attività che determina il reddito ai sensi dell’art.32 del TUIR,  ho dovuto dare risposta negativa. La motivazione è da ricercarsi analizzando l’interpello posto da un contribuente all’Agenzia delle Entrate della Puglia.

Si riporta un articolo pubblicato sul sito consulenzaagricola.it che spiega in maniera egregia le motivazioni alla base di queste affermazioni.

 

Con una precisa Risposta (n. 917-753/2020) ad un Interpello presentato da un imprenditore agricolo, la Direzione Regionale della Puglia ha affermato l’inapplicabilità dell’agevolazione, prevista dall’articolo 1, commi da 98 a 108, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (bonus Sud), ai soggetti titolari di reddito agrario.

L’affermazione della Direzione Regionale trae origine dai chiarimenti riportati nella Circolare n. 34/E del 3 agosto 2016, dove l’Agenzia delle Entrate ha specificato che i destinatari dell’agevolazione sono i soggetti titolari di reddito d’impresa individuati dall’articolo 55 del TUIR, indipendentemente dalla natura giuridica assunta.

Con lo scopo di fornire un più ampio spettro di considerazioni al riguardo, ripercorriamo di seguito le tracce fornite dall’Amministrazione Finanziaria.

Risposta n. 917-753/2020 della Direzione Regionale della Puglia

Per meglio comprendere l’assunto espresso dalla Direzione Regionale della Puglia, risulta opportuno partire dalla definizione concettuale che inquadra l’impresa agricola.

L’impresa agricola, diversamente dalla generalità delle altre imprese, detiene una “particolarità tipologica”, grazie alla quale non sussiste corrispondenza tra legislazione civile e legislazione fiscale, in special modo per quanto riguarda l’aspetto reddituale.

Se, in base alla legislazione civile, l’attività dell’imprenditore agricolo viene definita dalle specifiche riportate nell’articolo 2135 del Codice Civile, relativamente alla legislazione fiscale occorre operare una scissione tra le disposizioni riportate dalla Legge IVA e quelle proprie della Legge riferita alle imposte dirette.

Con particolare riferimento a queste ultime, l’aspetto reddituale delle imprese agricole può modificarsi in base all’attività svolta, al superamento o meno di determinati limiti, nonché a seconda della tipologia giuridica assunta.

Più in particolare, le imprese agricole individuali e le società semplici che esercitano le attività elencate dall’articolo 32 del TUIR, nei limiti quantitativi ivi specificati, producono sempre reddito agrario, mentre, per la parte eccedente i suddetti limiti, l’attività sarà riconducibile al reddito d’impresa.

Si precisa inoltre che l’articolo 55 del TUIR definisce puntualmente le caratteristiche che definiscono la qualifica riconducibile ai redditi d’impresa ed al suo comma 2 troviamo la seguente elencazione:

·       i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c.;

·       i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;

·       i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.

Per ultimo, ricordiamo anche che le altre società di persone (Snc e Sas), le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell’articolo 2 del Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99, pur avendo esercitato l’opzione (prevista dall’articolo 1, commi 1093, della L. 27 dicembre 2006, n. 296) per l’imposizione dei redditi in base all’articolo 32 del TUIR, qualificano i medesimi come redditi d’impresa (art. 3, comma 1, D.M. 27 settembre 2007, n. 213).

Fatte queste opportune premesse, ritorniamo ad esaminare la questione posta dall’istante, il quale, esercitando l’attività agricola in forma di ditta individuale e determinando il proprio reddito su base catastale, conformemente alle disposizioni previste dall’articolo 32 del TUIR, chiedeva se potesse usufruire delle agevolazioni fiscali previste per gli investimenti effettuati nel Mezzogiorno a norma dell’articolo 1, commi da 98 a 108 della Legge 208/2015.

Tra l’altro riteniamo utile precisare che quest’ultima provvidenza, per usufruire della quale il termine ultimo scadrebbe originariamente il prossimo 31 dicembre, sembra destinata ad essere prorogata fino al 31 dicembre 2022, secondo quanto stabilito dal Disegno di Legge di Bilancio 2021.

Il dubbio posto dall’istante nasce dal fatto che la norma di base attribuisce il credito d’imposta “alle imprese che effettuano l’acquisizione dei beni strumentali nuovi”, operando un generico riferimento al concetto di impresa in senso civilistico e non reddituale. In aggiunta a ciò, il comma 98 della Legge 208/2015 estende il beneficio alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, nel settore della pesca e dell’acquacoltura, disciplinato dal Regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, e nel settore della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli e della pesca e dell’acquacoltura.

Tuttavia, la Direzione Regionale pugliese, nel disciplinare la questione, ha fatto esplicito rimando alla Circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 dove è stato precisato che destinatari del beneficio sono tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, individuabili in base all’articolo 55 del TUIR, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, che effettuano nuovi investimenti destinati a strutture produttive situate nelle aree ammissibili e che pertanto restano esclusi dalla fruizione del credito d’imposta imprenditori agricoli individuali e società semplici che producono esclusivamente reddito agrario, secondo le disposizioni degli articoli 32 e seguenti del TUIR.

A nulla rileva il fatto che il legislatore abbia esteso il beneficio ai comparti della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura e alle imprese che si occupano di trasformazione e commercializzazione dei relativi prodotti; infatti, l’agevolazione risulterà fruibile dalle imprese dell’allevamento e alle attività agricole “connesse” di cui al terzo comma dell’articolo 2135 c.c. qualora superino i limiti stabiliti dall’articolo 32 del TUIR. In detta ipotesi, difatti, ci si trova di fronte ad un reddito d’impresa.

Stesso concetto vale per le ipotesi illustrate in precedenza: pertanto, laddove viene a determinarsi un reddito qualificabile come “reddito d’impresa”, la misura agevolativa potrà applicarsi nel rispetto delle condizioni stabilite dalla norma.

Ricordiamo, infine, che nelle predette ipotesi di ammissione al beneficio, l’agevolazione è comunque concessa nei limiti ed alle condizioni previste dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale ed ittico.

Si riporta il link della risposta all’interpello:

 https://www.confagricolturabari.it/wp-content/uploads/2020/12/quesito-agenzia-entrate.pdf

 

FONTE: www.consulenzaagricola.it

 

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