RUNTS – conseguenze della mancata iscrizione per O.D.V. e A.P.S.

Dal 24 Novembre è operativo il Registro Unico del Terzo Settore.
Le domande più frequenti che mi sono state poste sono: perché iscriversi al registro, quali sono i vantaggi e gli adempimenti obbligatori?

Come consuetudine si propone un articolo presente sul sito del CSVOL UMBRIA, che sembra rispondere in maniera esaustiva alle nostre domande.

…In questi mesi tutti gli enti appartenenti al variegato mondo del Non Profit sono quindi chiamati a completare i processi di valutazione attivati a seguito della entrata in vigore del Codice del Terzo Settore e scegliere se, sussistendone tutte le altre condizioni, iscriversi o meno a detto Registro assumendo quindi la qualifica di Ente del Terzo Settore.

La Riforma del Terzo Settore, avviata con la legge delega n. 106/2016, rivede in maniera organica la disciplina degli enti appartenenti al mondo del c.d. Non Profit.  Essa trova il suo fondamentale pilastro nel Codice del Terzo Settore (CTS), contenuto nel D.Lgs. 117/2017.

L’elemento centrale della riforma, intorno al quale ruoterà l’intero sistema degli ETS, è costituito dal Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, di cui agli artt. 45 e ss. del Codice Terzo Settore.

L’istituzione e la disciplina di iscrizione al richiamato registro sono contenuti nel Decreto n. 106 emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il 15 settembre 2020 e pubblicato in G.U. il successivo 21 di ottobre.

Con l’operatività del RUNTS, di fatto, è terminato l’attuale periodo di transizione e diventerà operante la nuova disciplina dettata dal Codice.

 

Decisione su iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore

L’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore è una facoltà, non un obbligo. Per cui ciascun ente è chiamato, di fatto, a valutare se, sussistendone tutte le altre condizioni, iscriversi o meno al Registro, assumendo così la qualifica di Ente del Terzo Settore.

Eccezion fatta per le ODV (Organizzazioni di Volontariato) e le APS (Associazioni di Promozione Sociale) già iscritte negli attuali registri regionali, le quali (fatte salve le situazioni eccezionali di non adeguatezza statutaria o di altro tipo, ovvero per propria libera scelta) per effetto dell’abrogazione degli stessi “passeranno” dagli attuali registri regionali al Registro Nazionale, attraverso il procedimento della c.d. “trasmigrazione” previsto dall’art. 54 del D.Lgs. 117/2017.

Tali enti acquisiranno di fatto, in quanto “soggetti tipici”, accanto alla qualifica di ODV o APS già posseduta, quella di Enti del Terzo Settore.

Tutti gli altri enti (compreso le ONLUS iscritte nell’attuale Anagrafe dell’Agenzia delle Entrate) dovranno invece, caso per caso, fare una specifica valutazione esaminando i vari fattori che trasversalmente attraversano le proprie attività, anche in funzione della sezione del RUNTS nella quale poi eventualmente iscriversi.

In caso di scelta positiva, ciascun ente dovrà quindi inizialmente adeguare il proprio Statuto alla nuova normativa e, di seguito, rispettare tutti gli adempimenti previsti dal Codice del Terzo Settore. Acquisendo cosi, accanto alla qualifica di ETS, la possibilità di utilizzare i vantaggi (di natura fiscale, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, per l’acquisizione della personalità giuridica, ecc) che il  D.Lgs 117/2017 riserva agli  ETS iscritti nel Registro.

Gli Enti non profit non iscritti al RUNTS: qualificazione e disciplina

Gli Enti Non Profit che, per scelta o mancanza delle richieste condizioni, non si iscriveranno nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, in primo luogo non potranno qualificarsi come Enti del Terzo Settore. Non potranno quindi utilizzare in nessun modo l’indicazione di Ente del Terzo Settore (o il suo acronimo ETS). In caso contrario si incorrerebbe nella sanzione amministrativa prevista dall’art. 91 del Codice del Terzo Settore.

Non iscrivendosi al Registro Unico essi non acquisiranno il nuovo “status” di ETS, e continueranno così, sotto il profilo giuridico, ad essere qualificati e disciplinati come associazioni, fondazioni o altri enti, di cui al libro primo del codice civile.

Sotto il profilo fiscale, si qualificheranno come generici enti non commerciali, oppure, nel caso di mancato rispetto dei relativi parametri di natura fiscale, come enti commerciali. E rimarranno soggetti alla disciplina fiscale, in particolare quella contenuta nel c.d TUIR, non abrogata dalla Riforma del Terzo Settore. Fatte salve ovviamente le qualifiche e i trattamenti fiscali settoriali (tra i più importanti segnaliamo, ad esempio,  quello riguardante le associazioni sportive dilettantistiche).

Pertanto in futuro potremmo avere due associazioni che svolgono attività similari (ad esempio teatro amatoriale) che godranno di due regimi giuridico – amministrativi differenti, ove l’una abbia deciso di diventare ETS e l’altra no.

Gli Enti del Non Profit non iscritti al RUNTS non potranno poi ovviamente beneficiare delle agevolazioni fiscali, finanziarie e nel rapporto con gli enti pubblici previsti dal Codice e dallo stesso riservate ai soli enti iscritti nello stesso RUNTS.

Un ente (associazione, fondazione o altro che sia) non iscritto al RUNTS non potrà quindi, a titolo esemplificativo, e non esaustivo:

·                 applicare alle proprie attività le disposizioni di maggior favore previste, ai fini delle imposte dirette, dall’art 79 del Codice del Terzo Settore, bensì le norme del Testo Unico delle imposte sui redditi per come (a far data dal termine previsto dall’art 102 del Codice del Terzo Settore) dallo stesso Codice modificate. In particolare, per effetto della modifica dell’art 148, le associazioni (quali quelle, culturali, ricreative, di formazione extra-scolastica, ecc) non potranno più considerare come “non commerciali” (ovvero de-commercializzate) le quote specifiche o supplementari ottenute dai propri associati per la partecipazione alle attività istituzionali . Queste andranno quindi considerate e trattate come attività, sotto il profilo fiscale, di natura commerciale;

·                 utilizzare i regimi fiscali forfettari introdotti dall’art 80 del Codice Terzo Settore e, per le sole ODV e APS, dall’art. 86 dello stesso Codice. Cosi come, non potrà continuare (sempre a far dal data dal termine previsto dall’art 102 del Codice del Terzo Settore – che, in caso di autorizzazione UE in corso del corrente anno, potrebbe essere il 1 gennaio del 2022 – )  a utilizzare il “famoso” regime di cui alla L. n. 398/91 (abrogato, fatto salvo per le associazioni sportive dilettantistiche, dall’art. 102 del Codice). Potendo a limite utilizzare, in luogo dei regimi “naturali”, solo il regime forfettario di cui all’art 145 del TUIR (nel rispetto dei criteri e limiti da questo dettati);

·         utilizzare l’esenzione o le riduzioni delle imposte indirette (registro, bollo, di successione e donazione) e locali (IMU e TASI) previste dall’art 82 del Codice;

·                 utilizzare la procedura agevolata (c.d. legale) per acquisire la personalità giuridica. Per gli enti summenzionati continuerà invece ad essere praticata la disciplina del riconoscimento di cui agli articoli da 14 a 35 del C.C. e dalle norme del D.P.R. 361/2000. Diverso per gli ETS, per i quali, applicando la semplificazione dell’art. 22 del Codice Terzo Settore, il riconoscimento coinciderà con l’iscrizione nello specifico registro e la personalità giuridica non costituirà più l’oggetto di un provvedimento. Ne conseguirà che continueranno ad esistere i registri delle persone giuridiche private tenuti presso le prefetture o le Regioni a seconda della competenza e dell’attività degli enti che richiedono il riconoscimento e che diversi saranno i criteri patrimoniali richiesti a seconda della natura dell’ente e della sua collocazione territoriale;

·                 per le erogazioni liberali i “donatori” non potranno utilizzare le detrazioni o deduzioni fiscali indicate all’art 83 del CTS.

E ancora, nell’ambito dei rapporti con lo Stato e la Pubblica Amministrazione, gli enti non iscritti al RUNTS:

·                 non potranno godere delle agevolazioni previste invece per gli ETS in tema di rapporti con la Pubblica Amministrazione (quindi Regioni, Comuni, ecc). In particolare accedere alle forme di “coinvolgimento attivo” che, a mente dell’art 55 del Codice, le Pubbliche Amministrazioni nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione degli interventi nei settori di attività di interesse generale dallo stesso individuate all’art. 5, devono assicurare agli ETS;

·                 non potranno beneficiare delle “iniziative” eventualmente poste in essere dallo Stato o dalle Regioni per “favorire l’accesso agli enti del Terzo Settore ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo ed altri finanziamenti europei per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, come previsto dall’art. 69 del CTS;

·                 non rientrano tra i soggetti che, nell’ambito delle iniziative eventualmente poste in essere dallo Stato o dalle Regioni in adesione a quanto previsto dall’art 70 del CTS, potranno chiedere di utilizzare per le proprie manifestazioni, in maniera non onerosa, beni mobili e immobili nelle disponibilità delle stesse;

·                 non rientrano tra i soggetti che potranno richiedere la concessione in comodato i beni mobili o immobili che lo Stato, Regione, i Comuni, eventualmente decidessero di concedere in comodato in virtù di quanto previsto all’art 71 del CTS. Tale aspetto è di sicuro rilievo per gli enti che già oggi utilizzino beni di proprietà dei Comuni.

Circa invece il reperimento delle risorse finanziarie, gli enti non iscritti al RUNTS:

·                 non potranno partecipare all’assegnazione delle risorse Fondo di cui all’art 9, c. 1, lett g) della Legge delega 106/2016, che l’art 72 riservate al finanziamento di progetti e attività di interesse generale delle sole ODV, APS e Fondazioni ETS;

·                 non potranno godere del meccanismo, relativo al finanziamento mediante titoli di solidarietà emessi da istituti di credito autorizzati, delineato dall’art. 72 del CTS;

·                 e, soprattutto, da quando sarà in vigore il nuovo meccanismo, non potranno beneficiare del c.d. 5 per mille (in quanto i contribuenti IRPEF potranno destinare la quota del 5 per mille scegliendo tra i soli Enti iscritti nel Registro – fatto salvo gli altri soggetti specifici come gli enti della ricerca scientifica e sanitaria e le associazioni sportive dilettantistiche).

Di contro, gli enti non ETS non iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore:

·                 non devono adeguare i propri Statuti alle norme del Codice del Terzo Settore;

·         non saranno tenuti al rispetto degli adempimenti in materia di bilancio. Quindi non saranno tenuti a redigere bilanci conformi ai modelli istituti con il D.M. 5.3.2020 cosi come a dare pubblicità (attraverso il deposito nel RUNTS o in altri registri) al bilancio o al rendiconto annuale;

·               non dovranno attuare gli altri adempimenti introdotti dal Codice del Terzo Settore. Tra i quali la redazione del bilancio sociale al superamento di determinati limiti dimensionali, la pubblicità degli emolumenti corrisposti agli organi, la pubblicità e l’aggiornamento tempestivo dei propri dati, la devoluzione obbligatoria del patrimonio ad altri ETS, ecc. (fatto salvo le specifiche regole, anche di natura statutaria). Così come non saranno soggetti al controllo degli Uffici del RUNTS.

Considerazioni conclusive

Come facilmente si può desumere, il panorama delle agevolazioni e delle opportunità connesso all’ingresso nel Terzo Settore, e quindi alla iscrizione nel relativo Registro Nazionale, è molto ampio. Così come però vi sono diverse altri elementi che potrebbero far preferire, nei casi ovviamente in cui tale scelta sia concretamente possibile, di rimanere fuori dal Registro Unico Nazionale.

Ciò che è sicuro è che non esiste una scelta generale a priori valida per tutti.  Necessario quindi che ciascun ente prima di determinare la propria scelta, valuti attentamente tutti gli elementi, con particolare riferimento alla propria specifica realtà operativa, alla configurazione e alle prospettive delle proprie attività, ai rapporti (in essere o futuri) con gli Enti Pubblici, e all’impatto fiscale che tale scelta può determinare. Avendo ben presente che una corretta previsione fiscale non può prescindere dall’esame delle modalità di svolgimento delle attività e delle relative simulazioni.

 

FONTE: www.cesvolumbria.org/news/runts-ai-ranghi-di-partenza-cosa-succede-agli-enti-che-non-si-iscriveranno/ 

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